Sergio Focardi
In due parole: Perchè la teoria economica mainstream va cambiata? E in che modo va cambiata?
In alcuni post precedenti e in alcuni articoli ho espresso critiche verso la teoria economica classica e ho proposto diverse nuove strategie per arrivare ad una teoria economica empiricamente valida che possa essere utilizzata pe fare previsioni e per prendere decisioni di politica economica. In questo post vorrei sintetizzare critiche e soluzioni all’economia classica. Il tono del post è informale, orientato ad un pubblico di non-specialisti, e percio’ non include rigorose ma complicate deduzioni matematiche. Cominciamo dalla diagnosi degli aspetti problematici della teoria classica. Poi suggeriro’ possibili cambiamenti.
1. Beni e servizi sono eterogenei e non esiste alcuna misura aggregata delle loro quantità
La prima cosa da osservare a proposito di ogni teoria economica è l’impossibilità di formulare una teoria della quantità di output, e percio’ della crescita reale, basata su osservabili. Questa sembra un’osservazione banale, sembra ovvio che non si puo’ sommare in modo significativo la quantità di banane, con la quantità di crociere, con la quantità di automobili e cosi via.
Eppure i modelli macroeconomici insistono a modellare la quantità di output. Lo fanno facendo ipotesi estreme quali ipotizzare che un economia produce una sola merce. Si sono anche tentate soluzioni teoriche costruendo gli indici di variazione. Un indice sostituisce una quantità con la sua variazione percentuale. Esempio. Non possiamo stimare la somma di banane e crociere ma possiamo considerare la percentuale di crescita del consumo di banane e di crociere. Le percentuali sono numeri puri e possono essere aggregate. Sembra una soluzione brillante ma ha un problema: che peso associamo ad ogni percentuale? Non possiamo comparare direttamente le quantità e quindi i pesi sono arbitrari. Percio’ la prima conclusione è la seguente:
Non possiamo creare modelli macroeconomici della quantità di output perchè tale quantità non esiste
2. PIL nominale e reale e inflazione
Naturalmente possiamo considerare caratteristiche di beni e servizi diversi dalle quantità. Ad esempio possiamo considerare il prezzo. Questa strategia sembra fornire la soluzione finale, nel senso che non possiamo determinare la percentuale di crescita dell’output ma possiamo determinare la percentuale di crescita del suo valore. Ma purtroppo anche in questo caso incontriamo problemi. I prezzi sono solo prezzi relativi. In altre parole, in ogni momento i prezzi sono definiti a meno di una costante moltiplicativa. La domanda che ci dobbiamo porre è come possiamo calcolare tale costante moltiplicativa. Che cosa fa cambiare il valore totale delle transazioni da un periodo all’altro?
Gli economisti hanno separato la crescita del PIL nominale, cioè il PIL calcolato a prezzi correnti, come il prodotto di due fattori: un fattore è la crescita reale dell’economia, l’altro fattore è la crescita eventuale del livello dei prezzi, chiamata inflazione. Ma entrambi questi concetti, PIL reale e inflazione sono problematici come ora andiamo a discutere;
Il concetto di inflazione è molto vecchio. Ci sono molti casi casi documentati di crescita dei prezzi a partire da quelli avvenuti in Egitto intorno al 2000 BC. In genere questi casi di inflazione sono legati a economie prevalentemente agricole caratterizzate da un’offerta di prodotti e servizi molto limitata e statica. Infatti l’inflazione viene definita come l’aumento del livello dei prezzi.
Se esistono solo pochi prodotti e se l’aumento dei prezzi è approssimativamente uguale per tutti i prodotti allora l’inflazione è un concetto ben definito. Ma se sia i prezzi sia le quantità vendute cambiano in varie direzioni come attribuiamo i pesi per formare la media dei cambiamenti percentuali? Ci sono tanti indici possibili. Non solo, ma è stato dimostrato che non esistono neppure criteri che tutti i buoni indici devono rispettare.Ma ci sono problemi ancora più seri perchè nelle economie moderne prodotti e servizi cambiano qualitativamente in qualsiasi ragionevole periodo di osservazione. Non solo, ma esiste una innovazione radicale per cui alcuni prodotti e servizi cessano di esistere e nuovi prodotti sono immessi sul mercato.
La conclusione finale è che non possiamo stabilire un indice del cambiamento dei prezzi. Non esiste un modo univoco di calcolare un livello prezzi e la sua variazione percentuale quando prezzi e quantità cambiano in tutte le direzioni e quando esiste un processo di rapida innovazione qualitativa, sia tecnologica sia simbolica, e quando i prodotti sono soggetti a rapida osolescenza e sono rapidamente sostituiti da altri prodotti.
L’inflazione non è un semplice osservabile. L’inflazione è un termine teorico che deve essere definito all’interno della teoria. (questo è un punto critico su cui ritorneremo)
3. I miglioramenti qualitativi sono calcolati come inflazione
In pratica, in tutte le economie moderne, l’inflazione è calcolata a partire dal Consumer Price Index – CPI (Indice dei Prezzi al Consumo). L’idea è semplice. Non è possibile calcolare l’indice di variazione dei prezzi per tutta l’economia. Allora lo calcoliamo solo su un paniere di beni rappresentativo e statico. Estendiamo l’inflazione cosi’ calcolata a tutta l’economia.
L’indice di variazione dei prezzi assume che i prodotti del paniere rimangano invariati. Di conseguenza i cambiamenti qualitativi non sono considerati (hedonics hanno applicabilità limitata). I cambiamenti di prezzo conseguenti a cambiamenti qualitativi sono calcolati come inflazione. Ad esempio, nel periodo 1950-2020 il PIL nominale pro-capite americano è cresciuto di 36 volte che sono fattorizzati in 4 volte crescita reale e 9 volte crescita nominale. Questi dati sembrano chiaramente fuorvianti se consideriamo il livello di innovazione nei 70 anni dal 1950 al 2020.
L’inflazione è sovrastimata e la crescita reale sottostimata
4. Il denaro non è preso in considerazione dalla macroeconomia
La macroeconomia tende a modellare l’economia reale e considera il denaro una sovrastruttura trasparente. La realtà è diversa. Il denaro è creato con il credito. Quando le banche concedono un prestito, e percio’ aumentano la massa di denaro esistente, creano potere d’acquisto. Questo fatto ha due conseguenze. La prima è che il credito, e quindi la creazione di denaro, è potenzialmente destabilizzante. Infatti, il credito puo’ creare potere d’acquisto in eccesso della capacità del debitore di restituire il debito. Hyman Mishkin ha descritto il potere destabilizzante del credito. La seconda, è che il credito crea la possibilità di profitti monetari e percio la possibilità di accumulo di capitale in eccesso dei capitali reali.
5. Le economie moderne sono segmentate in sub-economie che si muovono a velocità diverse
Le economie capitalistiche moderne sono segmentate in diversi segmenti che crescono esponenzialmente con velocità diverse. Per questa ragione non solo le ineguaglianze sociali continuano a crescere ma l’accumulo di capitale cresce più rapidamente della velocità media dell’economia e si creano le condizioni di crisi.
La segmentazione dell’economia non è presa in considerazione dalla politica economica che continua a prendere decisioni come se l’economia fosse un’entità omogenea. Questo fatto puo’ portare a decisioni dannose. Ad esempio, alzare i tassi di interesse per contrastare l’inflazione puo’ rivelarsi una manovra molto negativa. Un altro esempio è la disoccupazione e la sottooccupazione che sono fenomeni strutturali legati alla segmentazione dell’economia e non hanno relazioni semplici con il PIL.
Dopo aver sommariamente descritto le critiche che credo si possano fare alla teoria economica, vorrei ora descrivere che cosa si potrebbe fare per rendere la teoria economica più scientifica e il processo decisionale più efficace. Va detto subito che è un cambiamento molto impegnativo perchè deve cambiare allo stesso tempo teoria e pratica economica, entrambe ben radicate sia nelle strutture accademiche che nei processi decisionali.
Insieme ad alcuni coautori ho descritto le linee fondamentali di una nuova teoria economica in funzione della transizione verde nell’articolo Frank J. Fabozzi, Sergio Focardi, Linda Ponta, Manon Rivoire, Davide Mazza, “The Economic Theory of Qualitative Green Growth”, Structural Change and Economic Dynamics, March 2022.
I punti fondamentali sono i seguenti.
1. La teoria economica deve seguire il metodo scientifico
Innanzitutto la teoria economica deve seguire il metodo scientifico. Questo implica non soltanto aderire ad una disciplina di verifica empirica, ma, sopratutto, seguire un rigoroso processo di formazione dei concetti. Il punto di fondo è che i concetti e le variabili sono legate in toto all’osservazione empirica. Le teorie scientifiche sono costruzioni concettuali che rispondono globalmente alla verifica empirica.
Concetti quali temperatura non sono direttamente osservabili. Tuttavia essi entrano nella formulazione della termodinamica come concetti teorici e vengono osservati attraverso processi che includono l’intera teoria fisica.
In ambito economico questo significa che possiamo definire solo una teoria macroeconomica monetaria in cui concetti quali output, capitale, ed inflazione sono termini teorici legati ad ossevabili monetari o altri osservabili attraverso l’intera teoria. Non ci possono essere termini intuitivi nella teoria economica ma solo termini teorici legati ad osservabili attraverso tutta la teoria.
2. La teoria economica deve includere termini qualitativi
I termini qualitativi non sono termini legati a percezioni di benessere o altre percezioni da parte di agenti economici. I termini qualitativi sono termini definiti in termini di complessità. Le misure di complessità sono un elemento essenziale di una moderna visione economica. L’idea di fondo è considerare le economie moderne come sistemi complessi evolutivi.
Questa non è l’unica formulazione possibile di modelli economici. Ad esempio è possibile formulare modelli multi-agente dell’economia. Bisogna osservare che la teoria economica non è lo studio di leggi di natura. La teoria economica è lo studio del comportamento di un artefatto umano l’economia. In particolare studiamo economie capitalistiche. Altre strutture economiche e sociali sono possibili e, presumibilmente, richiedono differenti tipi di analisi
3. I modelli economici
I modelli economici che proponiamo sono modelli Stock Flow Consistent seguendo le idee di Winne Godley e Marc Lavoie. Nella formulazione più semplice includono variabili monetarie e variabili astratte che rappresentano l’economia reale. L’inflazione è calcolata dividendo i prodotti e servizi in due categorie: prodotti semplici e prodotti complessi. I prodotti semplici sono prodotti a bassa complessità mentre i prodotti complessi sono prodotti che hanno un alto indice di complessità secondo i Product Complexity Index di Hidalgo e Hausman. Si stipula che l’inflazione è zero per i prodotti ad alta complessità mentre è calcolata con i metodi usuali per i prodotti a bassa complessità. Versioni più complesse di questi modelli includono esplicitamente le segmentazioni dell’economia.
4. Quale è la differenza fondamentale di questi modelli?
La differenza fondamentale di questi modelli rispetto alla teoria classica è la capacità di considerare complessità ed elementi qualitativi. La differenza pratica è questa: considerando gli aspetti qualitativi dell’economia, la crescita reale delle economie moderne è molto più alta della crescita “ufficiale” e l’inflazione è molto più bassa. Le economie moderne sono segmentate con crecite differenti per segmenti differenti.
5. Che cosa puo’ produrre il cambiamento?
La transizione verde è la forza trainante che puo’ produrre il cambiamento. Governi e aziende si troveranno rapidamente di fronte ad un problema di scarsità di risorse. Avranno percio’ la scelta fra pilotare una rovinosa decrescita economica con esplosione di ineguaglianze sociali oppure cercare di pilotare la transizione verso un’economia qualitativa. A quel punto il cambiamento teorico si imporrà.